COSA SIGNIFICA ABITARE? REPORTAGE DA PRADA FRAMES 2024

L’edizione 2024 di Prada Frames, curata dai Formafantasma, si è inscritta con autorità nel calendario del FuoriSalone, esplorando il tema “Being Home”. Questa riflessione sull’ambiente domestico, proposto come epicentro per l’analisi delle complessità del contemporaneo, ha offerto una visione della casa non più solo come rifugio di conforto, ma come un centro dinamico, un’infrastruttura di servizi in continua evoluzione che ha giocato un ruolo cruciale nella modellazione delle norme socioeconomiche delle nostre comunità.

Il simposio ha tratto grande beneficio dalla partecipazione di figure eminenti del mondo accademico e professionale, come Paola Antonelli, Brigitte Baptiste, Kate Crawford, Jack Halberstam, Anna Puigjaner, Alice Rawsthorn, Isabella Rossellini e Françoise Vergès, i cui contributi hanno arricchito un dibattito già di per sé variegato e stimolante.

Gli incontri si sono svolti nel contesto storico e visivamente suggestivo del Museo Bagatti- Valsecchi, in via Gesù 5 a Milano, una residenza che ha mantenuto il suo carattere privato fino al 1974 per poi aprirsi al pubblico. Questa struttura neorinascimentale, custode di manufatti e mobili risalenti al Quattro e Cinquecento, ha funzionato come uno scenario ideale per un dialogo continuo e produttivo, coinvolgendo i vari spazi, dal soggiorno alla biblioteca, dalla sala da pranzo al bagno, in un fluire di idee che ha trasformato ogni angolo in un palcoscenico di riflessione culturale e sociale.

Una volta sistemati gli spettatori ai loro posti, Alice Rawsthorn ha iniziato a delineare il contesto di ogni intervento con una prosa carica di suggestioni. Ha cercato di esplorare il significato intrinseco di ciascun ambiente della residenza-museo, disvelando i dettagli storici che delineano il tessuto sociale e culturale di ogni stanza. Il salotto, inteso come fulcro della socialità domestica, si è rivelato un teatro di dialoghi familiari e incontri spontanei. La biblioteca, come un santuario del pensiero e dell'introspezione, è stata celebrata come custode del sapere e della riflessione. La sala da pranzo si è imposta come l'epicentro dei rituali collettivi, trasformando il convivio in un rito sociale. La camera da letto, un santuario del confort e del benessere personale, ha evocato storie di riposo e rinascita, mentre il bagno, descritto come un vero tempio del corpo, ha esaltato la sacralità della cura personale. Alice Rawsthorn ha trasceso la semplice descrizione degli spazi, elevandoli a capitoli vibranti di un narrazione organica, facendo di ogni ambiente un protagonista centrale nella storia complessa e multiforme dell’abitare.

Durante la conferenza, i temi trattati hanno condiviso un approccio critico allabitare, distaccandosi dalla dimensione più materiale del design d’interni per abbracciare una riflessione più profonda sulle teorie abitative. Interessante notare come, durante le presentazioni, non siano stati mostrati né oggetti né spazi concretamente, ma piuttosto attraverso una selezione di immagini stampate nel pamphlet della conferenza. La scelta di una modalità di presentazione diretta e quasi accademica ha permesso ai relatori di esporre i risultati delle proprie ricerche teoriche, mettendo in luce le questioni più controverse e significative relative ai comportamenti umani nei contesti domestici e al significato emotivo dell’abitare.

Durante una delle presentazioni tenutesi nel soggiorno di Palazzo Bagatti Valsecchi, intitolata “Being Modern”, abbiamo assistito a un confronto tra tre ricercatrici: Mabel O. Wilson, Beatriz Colomina e Brigitte Baptiste, che hanno esplorato il tema dell’abitare contemporaneo, suggerendo una riconsiderazione di ciò che tradizionalmente è stato escluso dallambiente domestico.

Mabel O. Wilson, professoressa di architettura alla Columbia University, ha presentato un'analisi storica su come le popolazioni non-bianche siano state sistematicamente marginalizzate dalla vita metropolitana americana attraverso pratiche di pianificazione urbana discriminatorie, come il redlining. Questo termine si riferisce a una metodologia adottata negli Stati Uniti a partire dagli anni '30, che implicava l'uso di linee rosse sulle mappe immobiliari per segnare aree urbane considerate ad alto rischio finanziario. Questa valutazione era spesso influenzata dalla composizione razziale degli abitanti di tali quartieri. Di conseguenza, le banche e altre entità finanziarie erano solite negare prestiti o imporre condizioni economiche svantaggiose ai residenti di queste aree, perpetuando un ciclo di esclusione e disuguaglianza economica.

Beatriz Colomina, professoressa di Storia dell’Architettura alla Princeton Univerisity, ha esplorato la transizione degli spazi domestici da luoghi un tempo caratterizzati dalla coesistenza di molteplici forme di vita a contesti sempre più asettici e disconnessi dalla biodiversità microbica che tradizionalmente viveva al fianco dell'uomo. Ha sottolineato come questa crescente asetticità abbia facilitato la comparsa di nuove patologie, poiché gli ambienti sterilizzati limitano la capacità del sistema immunitario di sviluppare le necessarie difese e tolleranze. Di fronte a questo scenario, Colomina ha invitato a una radicale revisione del concetto di abitazione: non più come uno spazio antibiotico concepito per escludere, ma come un ambiente probiotico che accoglie e promuove l'interazione tra umani e microorganismi, favorendo un habitat più integrato e salutare.

Coerentemente con le tesi presentate dalle sue colleghe, Brigitte Baptiste, ecologa del paesaggio e direttrice dell'Universidad Ean, propone una rilettura critica della relazione tra l'uomo e le altre specie animali, auspicando un approccio trans-specistico. La ricercatrice enfatizza la necessità di riconoscere che la nostra concezione di natura è intrinsecamente un costrutto culturale, soggetto a continui cambiamenti e evoluzioni insieme a noi. Secondo Baptiste, accettando che l'essere umano è a tutti gli effetti un animale e parte integrante della natura, diventa imprescindibile per una convivenza sostenibile sul nostro pianeta armonizzare le esigenze umane con quelle delle altre specie.

Secondo la ricercatrice l’adozione di tecnologie innovative, come sensori avanzati e intelligenza artificiale generativa, sta rivoluzionando il nostro modo di interagire con l'ambiente, permettendoci di acquisire una conoscenza più profonda e una sensibilità rinnovata verso gli equilibri naturali che ci circondano. Baptiste propone quindi di trasformare il nostro stile di vita, tradizionalmente basato sul carbonio, in uno che sfrutti la tecnologia per facilitare una simbiosi tra specie, introducendo il concetto di una vita basata sul silicio. Questo nuovo paradigma non solo riconsidera l'uomo come un elemento all'interno di un sistema più vasto e dinamico, ma lo invita a rivedere il proprio ruolo da dominatore a partecipante attivo in un tessuto vitale più ampio, quello della natura stessa.

Subito dopo, nella maestosa biblioteca del Museo Bagatti-Valsecchi, si è tenuto un dibattito su un tema cruciale per la nostra società: il rapporto tra l'ambiente urbano e rurale e gli sforzi per sanare una frattura che si è progressivamente allargata con l'avanzare della modernità.

Una video-intervista a Anna Kauber, architetta del paesaggio e videografa di Parma, ha illustrato i risultati delle sue ricerche nel mondo rurale. L'artista ha documentato le vite di diverse donne allevatrici, esplorando le loro decisioni di adottare uno stile di vita radicato in un'intensa connessione con la natura. Queste narrazioni sottolineano la necessità di rivedere il nostro approccio alla vita quotidiana in termini di una maggiore integrazione con l'ambiente naturale, promuovendo un concetto di abitare che non solo rispetti la natura, ma la accolga pienamente, riflettendo la stessa durezza e resilienza del lavoro agricolo.

Segue un'altra intervista video, questa volta con Michelangelo Frammartino, regista e architetto nato a Milano ma di origini calabresi, il quale ha esplorato le realtà rurali della Calabria. Concentrandosi sui contadini, gli abitanti dei villaggi e, soprattutto, sugli animali, che diventano i veri protagonisti dei suoi lavori, il regista propone un'idea di cinema che celebra tutte le specie viventi, non solo l'uomo. Mettendo al centro della narrazione una capra nel suo film "Le quattro volte", il regista invita a una radicale revisione del nostro punto di vista: non più l'uomo al centro dell'universo, ma una visione multispecie del mondo, che riconosca e rispetti la biodiversità come componente fondamentale dell'esistenza umana e non umana.

Nella camera da letto, lo spazio domestico che secondo gli organizzatori più di tutti ha testimoniato significative trasformazioni storiche, si sono alternati diversi relatori per discutere i cambiamenti nelle nostre abitudini di riposo. Tra loro, l'antropologo Matthew Wolf-Meyer ha delineato un breve excursus sulla storia del nostro modo di dormire, focalizzandosi sul passaggio da una società prevalentemente pre-industriale, in cui i ritmi naturali del sole e delle stagioni regolavano le ore di luce e di lavoro, a un'epoca in cui il riposo era integrato e non nettamente separato dalle altre attività domestiche. Tradizionalmente, in queste comunità, letti ampi ospitavano l'intero nucleo familiare, senza una distinzione rigida tra i vari ambienti della casa, come il soggiorno, la camera da letto e la cucina, consentendo al riposo di fondersi naturalmente con il resto delle attività quotidiane. Con l'arrivo della rivoluzione industriale e l'instaurarsi di una più rigida organizzazione lavorativa e biologica della vita umana, la camera da letto si è trasformata in un ambiente isolato e specializzato all'interno dell'abitazione, dove le ore di sonno venivano meticolosamente pianificate per massimizzare il recupero dalle estenuanti giornate lavorative tipiche del XIX secolo.

Anche Jack Self architetto e teorico Londinese insiste sulla relazione che esiste tra le modificazioni delle pratiche lavorative e quelli della vita domestica. Notando infatti come le nuove tecnologie sulle quali si fondano i nostri lavori siano sempre piu pervasive, l’architetto denuncia come lo spazio della camera da letto sia ormai invaso da strumenti digitali orientati alla produzione non lasciando più spazio all’intimità e alle relazioni coniugali. Tutti quanti, sostiene, ormai mandiamo mail dai nostri letti, leggiamo report e, in un qualche modo compiamo attività lavorative; così facendo, le nostre camere da letto passano dall’essere i luoghi privilegiati per la riproduzione a spazi anch’essi come molti altri nelle nostre case dedicati alla produzione, cioè al lavoro, dimostrando come attraverso la tecnologia e i nuovi stili di vita ibridi il lavoro sia entrato a pieno titolo nelle attività domestiche invadendo anche gli spazi più intimi.

In conclusione attraverso questo simposio, i Formafantasma hanno brillantemente portato alla luce alcune delle questioni più pressanti relative alla dimensione dell'abitare, dando spazio a voci che tradizionalmente restano ai margini delle discipline di architettura e design. Durante i tre giorni di conferenze, il concetto di abitare è stato esplorato nella sua complessità intrinseca, rivelando che non si tratta semplicemente di una questione di alloggi o di spazi fisici. Piuttosto, abitare emerge come un'azione fondamentale dell'esistenza umana, un'espressione della condizione umana che riflette la nostra finitezza e la nostra mortalità, nonché il nostro rapporto con l'ambiente circostante. Abitare il mondo, quindi, significa accogliere e interagire con la sua complessità, aprendosi a ciò che è stato escluso per sviluppare una nuova visione che ci ricollochi all'interno della natura piuttosto che esterni ad essa, suggerendo una rinnovata armonia tra l'essere umano e l'ambiente in cui vive.

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